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Maternità sportive dilettantistiche

  • Immagine del redattore: segreteria asiabruzzo
    segreteria asiabruzzo
  • 20 ott
  • Tempo di lettura: 5 min

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Per capire come si applica la maternità grazie alla Riforma D.lgs. 36/2021 (di qui innanzi Riforma), è fondamentale chi rientra nella categoria di lavoratore sportivo:


  • L’articolo 25 indica che sono lavoratori sportivi, fra altre figure: l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il preparatore atletico, ecc.


  • Lavoratore sportivo è chi svolge attività sportiva verso un corrispettivo, anche nel settore dilettantistico – purché il soggetto per cui si lavora sia registrato nell’ordinamento sportivo (federazioni, enti di promozione, etc.) e le mansioni siano “necessarie per lo svolgimento dell’attività sportiva”.


Precedentemente, la legge n. 91/1981 non prevedeva per tutte le atlete dilettanti l’accesso a tutele certe legate alla maternità, specie per “professionisti di fatto” (ovvero le atlete dilettanti che percepivano compensi ma non erano formalmente lavoratrici sportive). Con la Riforma, tali tutele vengono estese ai lavoratori sportivi subordinati dilettanti purché rientrino nella definizione di “lavoratore sportivo” e siano iscritti al Fondo pensione dei lavoratori sportivi. Questo rappresenta un passo importante verso l’equità di trattamento.


Tra i vari principi esplicitati dalla Riforma rileviamo senz’altro la non discriminazione di genere. Il decreto afferma e ribadisce che la qualifica di lavoratore sportivo si applica “senza alcuna distinzione di genere” e che le atlete devono avere le medesime tutele nel lavoro sportivo rispetto agli uomini.


Quindi una atleta dilettante che riceve compensi (o corrispettivi) e che sia tesserata con enti riconosciuti potrebbe qualificarsi come lavoratrice sportiva ai fini delle tutele previste. Ma non sempre: serve che ci sia un rapporto “verso un corrispettivo” e che l’attività sia riconosciuta nel sistema sportivo ufficiale.


Gli articoli specifici sull’argomento sono l’art. 33 e 34 della Riforma che stabiliscono testualmente:


“In mancanza di disposizioni speciali di legge, ai lavoratori sportivi si applica la vigente disciplina, anche previdenziale, a tutela della malattia, dell’infortunio, della gravidanza, della maternità e della genitorialità, contro la disoccupazione involontaria, secondo la natura giuridica del rapporto di lavoro”.


Vanno quindi presi in considerazione i seguenti punti specifici:


  1. Tipologia del rapporto: a seconda che il rapporto sia subordinato, autonomo, collaborazione coordinata e continuativa (vedasi amministrativo gestionali), poiché possono cambiare gli obblighi e le modalità di tutela.

  2. Prestazioni previste: per i lavoratori subordinati sportivi, sia professionisti sia dilettanti, le tutele prevedono:

    • assicurazione economica sia per malattia che per maternità;

    • tutela del reddito durante il periodo di maternità secondo la normativa vigente, ossia come per altri lavoratori che beneficiano di tutela “AGO”, se rientrano nel Fondo pensione dei lavoratori sportivi.

  3. Contributi: qualora la lavoratrice sportiva sia subordinata per oltre 5000 euro all’anno, subisce trattenute per contributi che finanziano tali prestazioni (malattia, maternità, ecc.). Le aliquote sono quelle previste per settori analoghi (es. spettacolo) per determinare la misura dell’indennità nonché la percentuale completamente a carico del committente.

  4. Limiti e massimali:

    • Viene applicato un massimale contributivo annuo (per le retribuzioni/contributi su cui vengono calcolate le tutele), analogamente a quanto avviene per altri lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria.

    • Per le collaborazioni coordinate e continuative dilettantistiche, la base imponibile è ridotta al 50 % fino al 31 dicembre 2027, auspicando un prolungamento biennale.


Possono accedere al beneficio, le atlete che al momento della domanda soddisfano contemporaneamente le seguenti condizioni:


  • svolgimento nell’attuale o nella precedente stagione sportiva, in forma esclusiva o prevalente di un’attività sportiva agonistica riconosciuta dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano o dal Comitato Italiano Paralimpico;

  • assenza di redditi derivanti da altra attività per importi superiori a 15.000,00 euro lordi annui;

  • mancata appartenenza a gruppi sportivi militari o ad altri gruppi che garantiscono una forma di tutela previdenziale in caso di maternità; 

  • mancato svolgimento di un’attività lavorativa che garantisca una forma di tutela previdenziale in caso di maternità;

  • possesso della cittadinanza italiana o di altro paese membro dell’Unione Europea oppure, per le atlete cittadine di un paese terzo, possesso di permesso di soggiorno in corso di validità e con scadenza di almeno sei mesi successiva a quella della richiesta.


In aggiunta, devono trovarsi in almeno una delle seguenti situazioni sportive:


  • aver partecipato negli ultimi cinque anni a una olimpiade o a un campionato o coppa del mondo oppure a un campionato o coppa europei riconosciuti dalla federazione di appartenenza;

  • aver fatto parte almeno una volta negli ultimi cinque anni di una selezione nazionale della federazione di appartenenza in occasione di gare ufficiali

  • aver preso parte per almeno due stagioni a un campionato nazionale federale.


Il contributo di maternità può essere richiesto a partire dalla fine del primo mese di gravidanza e non oltre gli 11 mesi successivi. La prestazione cessa automaticamente alla ripresa dell’attività agonistica. In caso di interruzione della gravidanza, il contributo continua per un massimo di tre mesi o fino alla ripresa dell’attività sportiva, se antecedente. L’importo previsto è pari a 1.000 euro mensili per un massimo di 12 mesi, erogati a partire dall’ultimo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.


Riteniamo essenziale che le fruitrici interessate tengano presente che le somme ricevute sono fiscalmente qualificate come redditi diversi, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR.


Vediamo le diverse modalità di presentazione della richiesta:


1. Atlete con rapporto di lavoro subordinato sportivo


  • Chi paga i contributi: la società/associazione sportiva è tenuta a versare i contributi al Fondo Pensione Lavoratori Sportivi (gestito dall’INPS).

  • Prestazione: spetta l’indennità di maternità obbligatoria (generalmente 5 mesi complessivi: 2 prima e 3 dopo il parto, salvo flessibilità) calcolata come per le lavoratrici dipendenti.

  • Richiesta:

    1. La lavoratrice deve presentare domanda di indennità all’INPS tramite portale online, patronato o contact center.

    2. Deve allegare il certificato medico di gravidanza inviato telematicamente dal medico all’INPS.

    3. L’INPS verifica i contributi versati dal datore di lavoro sportivo e liquida l’indennità.


2. Atlete con collaborazione coordinata e continuativa sportiva (co.co.co)


  • Chi paga i contributi: anche in questo caso i contributi previdenziali devono essere versati dall’ente sportivo (con base imponibile ridotta del 50% fino al 2027, regime transitorio).

  • Prestazione: spetta l’indennità di maternità, calcolata sull’indennità media giornaliera ricavata dai compensi effettivamente assoggettati a contribuzione.

  • Richiesta:

    1. La lavoratrice presenta domanda all’INPS come per le co.co.co ordinarie.

    2. Requisito: almeno 3 mesi di contribuzione accreditati nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile.


3. Atlete autonome (partita IVA sportiva o assimilate)


  • Sono meno frequenti, ma previste.

  • Prestazione: indennità di maternità con importo fisso giornaliero, a condizione di aver versato contributi alla Gestione Separata INPS.

  • Richiesta: sempre domanda telematica all’INPS + certificato medico.


4. Documenti e tempistiche


  • Certificato medico di gravidanza: inviato telematicamente all’INPS dal ginecologo/medico.

  • Domanda INPS: entro l’inizio del congedo obbligatorio (2 mesi prima del parto, salvo flessibilità).

  • Durata indennità: 5 mesi standard, più eventuali periodi di interdizione anticipata (per motivi medici o ambientali).

  • Pagamento:

    • per le subordinate: può pagare direttamente il datore di lavoro (con conguaglio INPS) o l’INPS, a seconda dei casi;

    • per co.co.co e autonome: paga sempre l’INPS.


A cura del Dott. Alessio Pistone (commercialista e consulente del lavoro)

 
 
 

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